di Paolo Mirri
L'impulsività non è classificata come disturbo psicologico, bensì è una caratteristica individuale che può causare notevoli problemi. In taluni casi può configurarsi in un sintomo psicologico, ovvero in un tratto patologico della personalità ed è spesso presente in alcuni disturbi psicologici.
Cerchiamo però di chiarirci: cosa vuol dire essere impulsivi?
Questo fenomeno rappresenta la tendenza a reagire in modo repentino, decisamente poco controllato, ad un proprio bisogno. Quasi come se l'impulso fosse irrefrenabile. La sfera del comportamento razionale, decisionale, quindi in determinate situazioni viene posta decisamente in secondo piano dall'impulsivo, che appunto, sembra agire in aperta reazione allo stimolo senza particolare elaborazione. Nel comportamento impulsivo infatti manca, al principio, tutta la sfera di elaborazione di quelle che possono essere le conseguenze delle proprie azioni, sia per quanto riguarda i rischi, sia l'effetto che determinate azioni o parole possono avere su chi ti sta accanto. La valutazione di quanto è avvenuto, infatti, segue l'agito d'impulso, e la persona spesso prova colpa o rimorso per le proprie azioni.
La persona impulsiva talora, non sempre, ha un certo vantaggio da questo tipo di comportamento, infatti può essere creativo, una persona dinamica o socievole. E' altrettanto vero che i danni alle relazioni, nella vita quotidiana, sul lavoro, che si possono creare con un comportamento poco ragionato, senza giri di parole, possono essere enormi.
Nel lavoro di psicoterapia per agire sull'impulsività utilizzo un modello meta-cognitivo, ovvero una forma di trattamento che agisce sul "modo" di pensare, di riflettere sulle proprie idee prevalenti, sui propri pensieri e sulle proprie emozioni e quindi sui comportamenti prodotti. Con questo tipo di allenamento, strutturato in modo scientifico, spesso l'impulsività viene canalizzata e strutturata in comportamenti decisamente più adattivi.